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Aggiornamenti e notizie dall’ASNIT ONLUS

Andando ad acquistare alimenti al supermercato, molti pensano che i prodotti sigillati in buste di plastica diano maggiori garanzie igieniche che non dal salumiere o al banco. E forse & vero. Ma i "fogli di plastica" a contatto con l’alimento, possono trasferire lentamente alcuni dei loro componenti chimici. Ancora oggi in Italia non esiste l’obbligo di dichiarare questi additivi o il tipo di "materia plastica" impiegata . Il più delle volte troverete la dicitura “Per Alimenti , DM n°…'.

Le materie plastiche non sono tutte uguali. Partendo dalla produzione industriale la filiera è:
Monomeri + catalizzatori + solvente = polimero + additivi + plastificanti = polimero in granuli Trasformazione dei granuli per estrusione (fogli e pellico le) o stampaggio (vassoi, vaschette e contenitori vari).
E’ industrialmente molto difficile ed antieconomico eliminare tutti i residui delle reazioni di sintesi, in particolare dei monomeri residui, che quindi restano in parte nel polimero anche se il loro livello è in accordo con i limiti fissati dal legislatore (indovinate chi fissa questi limiti!). Altro discorso è l’aggiunta di additivi ed in particolare di plastificanti per fornire caratteristiche fisiche di resistenza all’invecchiamento o di fluidità per garantire la più elevata lavorabilità nella successiva fase di estrusione o stampaggio.
La maggior parte di questi prodotti residui o aggiunti sono stati verificati essere cancerogeni, ancora oggi in particolare è ampio l’impiego di ftalati come plastificanti.
Nessuna materia plastica è esente dalla presenza di residui di reazione e/o trasformazione. Ovviamente alcune materie plastiche sono più sicure di altre.
In laboratorio si fanno diverse prove di cessione e di invecchiamento accelerato. Uno dei tes t più difficili da superare (per il settore alimentare) è la resistenza agli oli e ai grassi, capaci di estrarre e solubilizzare molti dei prodotti chimici di cui stiamo parlando.
E’ una questione di "tempo di permanenza" ovvero del tempo in cui l’alimento resta a contatto con l’imballaggio.
Mentre la data di scadenza è oggi comunemente riportata sulle confezioni che acquistiamo, non ovunque compare la data di confezionamento sostituita da un codice non leggibile dal consumatore. Dovrebbe essere compito degli organi preposti al controllo verificare che questo parametro risponda quantomeno alla legislazione corrente (la prassi normale è l’autocertificazione).
Oggi la mancanza di tempo non consente a molti consumatori di dedicare tempo ad una verifica attenta di quanto acquistiamo, e ci fidiamo (a torto!) del supermercato. I prodotti sono disposti sugli scaffali in modo “scientifico” di sicuro il più conveniente per chi vende.
Ma ritorniamo all’imballaggio: premesso che il vetro (pulito) è il miglior contenitore in assoluto (ma anche il più penalizzato dai costi e dal trasporto), vorrei indicare per alcune materie plastiche il comportamento a contatto con gli alimenti:

PET
(polietilentereftalato) , il miglior polimero, oggi usato per l’acqua minerale (il PVC è quasi scomparso) per tutte le bevande gassate, in alcuni casi per l’olio, è sempre più impiegato per altri alimenti. E’ tra i polimeri più costosi.
PS
(polistirolo) è la materia plastica più utilizzata negli alimenti sia in forma compatta trasparente che espansa (carne, pesce). Non è esente da problemi, dopo 24 ore un alimento contenete grassi estrae i prodotti chimici affini dall’imballo.
EVA
(etilenvinilacetato), sono le pellicole trasparenti e flessibili che avvolgono molti cibi. Sono ottimi prodotti nel breve periodo, ma hanno scarsa resistenza agli oli ed ai grassi. Ha sostituito (finalmente) il PVC che ci hanno costretto a "digerire" per decenni.
PP
(polipropilene), dopo il PET il meno sensibile a processi di estrazione. Migliorati i sistemi produttivi di contenitori e vaschette, stà soppiantando il PS in particolare per frutta e verdura.
PE
(polietilene),largamente utilizzato nel settore cosmetico e medicinale; per gli alimenti è il polimero di rivestimento interno di tutte le confezioni di cartone (latte, succhi di frutta) e della carta alimentare . Buono come effetto barriera per l’alimento lo è meno per gli additivi di stampa del cartone esterno.

Esistono infine una serie di imballi, sia contenitori che film, cosiddetti MULTISTRATO, ovvero costituiti dall’accoppiamento di fogli molto sottili (anche di 6 strati) di diverse materie plastiche e/o alluminio, dove lo strato interno è quello più resistente al prodotto alimentare e quello esterno agli agenti atmosferici. Sono abbastanza costosi quindi utilizzati per prodotti ad elevato valore aggiunto.

Per quanto mi riguarda, quando posso preferisco acquistare prodotti sfusi, ed in ogni caso se l’alimento non viene consumato subito lo conservo non più di qualche giorno in frigorifero (avvolti magari in canovacci di cotone), o qualche mese in congelatore (utilizzando come imballo il foglio di alluminio che comunque è sensibile ai cibi fortemente acidi o sotto sale).